martedì 28 novembre 2023

Arturo Colautti

La Dalmazia, l'opera lirica italiana, l'irredentismo, il giornalismo. 

Parliamo di un personaggio quasi totalmente dimenticato nella sua nativa Zara, ove vide la luce nel 1851: Arturo Colautti. La sua vita lo portò da Zara a Graz e Vienna per gli studi, poi tornò a Zara ma da lì a poco si trasferì a Fiume, da Fiume andò infine a Spalato e da qui fu costretto alla fuga, all'esilio in Italia, a causa delle sue prese di posizione fortemente irredentiste ed antiaustriache. Polemista impenitente, oratore fiammeggiante, amico di Carducci, Oriani e D'Annunzio, sostenne pure un duello per questioni politiche con Matteo Renato Imbriani. Scoppiata la Grande Guerra, fu da subito interventista. Morì il 9 novembre 1914, quasi sei mesi prima che l'Italia dichiarasse guerra all'Impero Austroungarico. Collaborò a diversi giornali italiani della Dalmazia e di Fiume: alcuni li diresse. Ricordiamo fra essi "Il Progresso", "La Leva", "La Bilancia" (giornale fiumano), "Il Dalmata", "La Rivista Dalmatica" (a Spalato) e "L'Avvenire" (sempre a Spalato). Perché ho parlato dell'opera lirica? Perché Colautti fu pure librettista. Fra le opere da lui scritte, ricordiamo l'Adriana Lecouver di Francesco Cilea, Fedora di Umberto Giordano e Doña Flor di Niccolò van Westerhout. Diverse cartoline vennero stampate in onore di Arturo Colautti. Questa in particolare è dell'editore Danesi di Roma, ed ha la particolarità di presentare nel tondo in basso a sinistra una veduta della casa natale di Colautti a Zara. Il nero dello sfondo indica che questa cartolina commemorativa - non datata e non viaggiata - venne probabilmente stampata a ridosso della morte di Colautti.


Zara così l'aveva definita nel 1910: "…ultima oasi dell'italica civiltà sull'oriental costa dell'Adria; ultima rocca della stirpe latina opposta alla barbarica massa croata, cui l'astio e la paura del governo asburgico apersero gli argini tutti a più presto sommergerla; ultima vedetta del pensiero dantesco in cospetto del Quarnaro, nella suprema eroica pugna invanamente aspettante, dalla contraria sponda materna, segno d'aita o parole di speranza ai morituri".






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