Anna Vusio, maritata Vidovich (7. 9. 1800.–12. 9. 1879.) Nacque a Sebenico nel 1800 come figlia di Niccolò Vusio, capitano negli eserciti di Napoleone I che poi era al servizio militare del governo austriaco. Nell'introduzione del suo poema Romolo ossia la fondazione di Roma, Vidovich dice di sé stessa:
«Io sono Anna Vusio, figlia di quel Nicolò Vusio, che giovine ancora era capitano negli eserciti di Napoleone I. Poi Capitano de' Panduri in Dalmazia, ed anche Delegato Governativo, e continuò quindi nel servizio militare sotto l'i.r. Governo austriaco fino l'anno 1818.»
La maggior parte dei critici che scrivono della Vidovich asseriscono l’origine italiana di suo padre che secondo i dati disponibili era di Vicenza. Secondo un’altra fonte Niccolò Vusio, capitano dell’esercito francese proviene della famiglia nobile Vusio o Vusich dall’isola di Brazza. Tuttavia, senza ombra di dubbio la Vidovich era d’origine italiana dal lato paterno e forse croata dal lato materno.
Mostrò forte passione per la letteratura italiana e slava, leggeva moltissimo, prosa e poesia, soprattutto i classici italiani e le traduzioni in italiano degli scrittori stranieri, ma Petrarca “fu, ed è, e sarà sempre il suo prediletto”.
Lei ci rappresentò un racconto complicato che divenne prodotto non soltanto della sua ispirazione personale ma anche il risultato di buona conoscenza della letteratura tradizionale, dell’epica italiana e del romanticismo italiano. Nonostante gli errori stilistici e grammaticali, Anna scelse la lingua croata includendo molti elementi del folclore locale ma anche del romanticismo europeo.
Anna Vidovich lasciò numerose poesie che erano pubblicate nei giornali croati.
Anche se molti negano il valore letterario delle opere della Vidovich perché era autodidatta e perché non mostrò grande capacità di esprimersi né in croato ma neanche in italiano, la sua poesia trovò un certo pubblico, soprattutto quello femminile.
Scriveva d’amore, dei temi del cuore femminile con i quali le donne si potevano identificare. In Poemetti, per esempio, possiamo trovare l’espressione del suo dolore personale per la perdita della figlia di due anni, i versi pubblicati anche in “Zora dalmatinska”.
27 Poemetti sono costituti da quattro poemi brevi: Alva i Alko ili stavnost u ljubavi (Alva ed Alko ossia la costanza in amore), Harač prijateljstva (Il tributo dell'amicizia), Prevara osvećena i dobrodjetelj obdarena (L'inganno deluso e la virtù premiata), Ljubav i nemilost (L'amore la crudeltà). In certa maniera rappresentano un nuovo tentativo di Anka i Stanko, ma la gloria di Anka i Stanko, Anna non la ottenne più. Bisogna dire che in Poemetti combina dialetto stocavo e ciacavo e usa per la prima volta l’ortografia di Gaj che non è il caso con Anka i Stanko dove usa la grafia italiana.
Poi scrisse anche il poema ispirato alla perdita del padre, della nipote Elisa e alla fine dedicata alla morte di suo marito. Quasi tutti i suoi componimenti lirici erano pubblicati nei giornali croati. Secondo i critici, la Vidovich raggiunse il successo stilistico con la lirica in italiano.
Anna Vidovich è tra le poche donne che hanno partecipato alla nascita nazionale slava e alla vita sociale in generale.
Anche se la Vidovich non era cosciente delle limitazioni che aveva una donna, bisogna dire che era protetta in un modo da suo marito, Marco Antonio Vidovich, ma non solo protetta, anche incoraggiata nelle sue tentazioni letterarie. Non si deve neanche tralasciare l'importanza della sua amicizia con Niccolò Tommaseo che lasciò forte influsso sulla vita di Anna.
Dall’inizio del movimento illirico (croato) Anna Vidovich mostrò una forte inclinazione verso la promozione dello spirito nazionale slavo. Anche se si tratta di una donna in bilico fra due culture, Anna accettò le idee rinascimentali e nazionali croate. Il suo impegno patriottico fu riconosciuto dagli slavi Ljudevit Gaj, Stanko Vraz e Ivan Mažuranić.
Anna Vidovich collaborava con “Zora dalmatinska” dove nel corso di 3 anni pubblicò 15 poesie. Con le pubblicazioni in “Zora dalmatinska” si adattò completamente alle correnti della letteratura rinascimentale croata e quella del romanticismo europeo.
Fu la prima donna di Dalmazia inclusa nel movimento illirico in Croazia. Tra l’altro, viene considerata la prima poetessa della letteratura moderna croata che scriveva in croato e in italiano.
La collaborazione attiva con i giornali croati ed i versi dedicati al bano Jelačić confermano l’appartenenza di Anna al movimento illirico, nonché il suo ruolo della prima moderna poetessa croata di Sebenico e di Dalmazia.
Anna Vidovich divenne la moglie di Marco Antonio Vidovich, conte di famiglia nobile e ricca di Scardona che ricevette il titolo nobile grazie alla Repubblica di Venezia per meriti di guerra. Marco Antonio Vidovich si occupava della poesia, della letteratura in generale, ma anche della filosofia. Oggi viene menzionato esclusivamente come uno dei traduttori di Osman di Giovanni Gondola in lingua italiana. Il pubblico lo conosce anche come uno dei collaboratori di Niccolò Tommaseo che raccoglieva per lui le canzoni popolari della Dalmazia. Comunque, questo non piccolo contributo non portò a Marco Antonio desiderata fama letteraria.
I coniugi Vidovich conobbero il famoso Tommaseo il 25 ottobre 1839 sul piroscafo del Lloyd austriaco “Barone Stürmer” durante il viaggio tra Curzola, Ragusa e Cattaro nell'anno quando il Tommaseo “riscopriva” la Dalmazia. Quell’incontro fu il momento chiave per il lavoro letterario di Anna e fu specialmente stimolante. Di conseguenza scrisse una poesia d’occasione dedicata a Tommaseo “che è il suo primo contributo alle ”Muse croate“.
Dopo aver ricevuto le poesie di Anna e di suo marito, Tommaseo subito scrisse una risposta in versi e prosa. Ecco come il Tommaseo descrisse nel suo Diario intimo quell’incontro: 22 ottobre al 4 novembre [...] Veggo a Spalato gli antichi condiscepoli e le rovine pagane: e il seminario, soggiorno a me già sì tetro [...] A Curzola accoglienze cordiali del dottore Solitro. Sento una dramma della Vusio, donna senza lettere, ma dotata del senso dell'armonia...
I Vidovich continuarono la corrispondenza epistolare con Tommaseo. Più tardi Anna chiedeva aiuto di Tommaseo, prima per ringraziarlo di aver ricevuto suo figlio Bonaventura che aveva abbandonato la Dalmazia, nella sua casa a Firenze e poi per cercare alcune infomazioni su di lui. La corrispondenza di Tommaseo, Anna e Marco Antonio, si protrasse per molti anni. Nella Biblioteca Nazionale di Firenze, tra le numerose lettere che il Tommaseo scambiava per diversi anni con i personaggi del suo tempo, esiste un nutrito e variamente interessante epistolario che raccoglie le lettere scambiate con Anna Vidovich.
È interessante notare che Niccolò Tommaseo e Anna Vidovich erano buoni amici e mantenevano la corrispondenza nonostante la grande discordanza politica tra di loro.
Tra l’altro Tommaseo aveva certi pregiudizi verso i croati mentre Anna, apertamente esprimeva fervore per l’unità e scriveva dell’amore tra il Nord e il Sud della Croazia. Lei seguì il proclama di Ljudevit Gaj di concordia e di unione e accettò la sua riforma ortografica (dopo Anka i Stanko) e per questo, spesso venne o criticata o lodata.
A differenza dal marito, Marco Antonio Vidovich, che considerava la lingua ,, croata,, l’unica, prima e vera lingua della sua patria, Anna, che era bilingue e biculturale, mai nascondeva la sua identità “doppia”. Nel Romolo, la Vidovich attraverso i personaggi di Lucia e Ersilla e l’origine italiana del loro padre, esprime la sua storia personale:
[...] D’origine italiana egli volea
Che nel parlare delle sue contrade
Fossimo istrutte, e ancora tenerelle
Ragionavammo noi in due favelle.
Lei predice l'uguaglianza tra la lingua croata e l'italiano, nonostante non sapesse bene nessuna delle due.
La figura importante per il lavoro letterario della Vidovich, tranne il marito Marco Antonio, fu Niccolò Tommaseo. Nonostante le opinioni diverse e discordanze politiche tra di loro, ebbero un rapporto amichevole, scambiarono le idee e lasciarono un’epistolario molto interessante. Possiamo dire che, in un certo modo, Anna fu protetta dal Tommaseo nel senso letterario.
N.B I primi nazionalisti croati della Dalmazia erano tutti italofoni e scrissero i loro libri, in cui negavano l'esistenza di italiani in Dalmazia, in italiano. Parecchi avevano nomi e cognomi italiani. Solitamente o ignoravano proprio il croato, o lo scrivevano malissimo.
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