lunedì 6 ottobre 2025

Silvano Buffa

Silvano Buffa (Trieste, 15 maggio 1914 – Mali Spadarit, 10 marzo 1941) è stato un militare italiano, ufficiale del 7º Reggimento Alpini e insignito della medaglia d'oro al valor militare.

Figlio di Rodolfo e Anna Ognibeni, entrambi originari di Pieve Tesino in Trentino, nacque a Trieste il 15 maggio 1914. Frequentò dapprima il Liceo classico Francesco Petrarca di Trieste e in seguito proseguì gli studi presso la facoltà di giurisprudenza di Padova dove si laureò appena ventitreenne.

Fu comandante della 64ª Compagnia fucilieri "La Crodarola" del 7º Reggimento alpini e nel 1940 partecipò alla campagna italiana di Grecia sul fronte greco-albanese. Nel 1941 cadde durante la conquista del monte Mali Spadarit; per tale impresa impresa gli fu conferita la medaglia d'oro al valor militare.

Per moltissimi anni i genitori ignorarono dove si trovasse il corpo del loro figlio, nonostante le ricerche del padre, Rodolfo. Fu solamente nel 1986 che il fratello Mario seppe che i resti erano stati sepolti prima all'Ossario di Bari, dove riposano i Caduti d'Oltremare, e quindi trasferiti al Sacrario di Redipuglia.

Il 1º dicembre 2001 la salma fu finalmente portata a Pieve Tesino dove ora riposa nella tomba di famiglia.

Il Gruppo ANA di Pieve Tesino, nato nel 1960 è intitolato a Silvano Buffa.


Onorificenze

Medaglia d'oro al valor militare

«Durante l’attacco di una munitissima posizione nemica, essendo rimasto ferito il comandante di compagnia, assumeva arditamente il comando del reparto e dava costante prova di calma, fermezza, capacità ed indomito valore, riuscendo, col suo esempio trascinatore, a condurre i suoi uomini fin sulla vetta violentemente contrastata dall’avversario. Giunto valorosamente fra i primi sull’obbiettivo e colpito mortalmente, riusciva, dimentico del suo stato e con superbo esempio del più alto sentimento del dovere, ad impartire gli ordini per l’ulteriore proseguimento dell’azione. Nell’affidare poi ad altro ufficiale il comando della compagnia, ordinava al suo porta-ordini di comunicare al superiore comando che egli aveva assolto in pieno il proprio dovere ed era riuscito a raggiungere la difficile meta. Chiudeva la sua nobile esistenza al grido di « Viva l’Italia ». Mali Spadarit (Fronte greco), 10 marzo 1941

— Regio Decreto 29 novembre 1941.


Croce di guerra al valor militare

«Mentre guidava una pattuglia in una ardita e rischiosa missione veniva attaccato da forze superiori. Circondato e catturato, con perizia e astuzia riusciva ad evadere e rientrava al reparto recando utili notizie sul nemico. Ciafa Sirakut (fronte greco), 26 dicembre 1940


A Trieste gli è stata intitolata la scala che porta dal Parco della Rimembranza alla Cattedrale di San Giusto.

Giuseppe Bruni

Giuseppe Bruni (Trieste, 1827 – Trieste, 18 agosto 1877) è stato un architetto e ingegnere italiano, seguace dello storicismo.

Nato nel 1827 da Angelo Bruni e Teresa Coretti, dopo aver frequentato l'Accademia di belle arti di Venezia lavorò nel settore dell'edilizia marittima e civile nella sua città natale. Dal 1870 partecipò come architetto alla progettazione di vari edifici nell'allora Piazza Grande (Piazza Unità d'Italia) a Trieste. Nel 1872 fu incaricato dal sindaco di Trieste Massimiliano d'Angeli, di progettare il palazzo del municipio, che fu poi portato avanti dall'architetto Eugenio Geiringer. Morì nel 1877 all'età di 50 anni.

Opere:
Palazzo Modello, Trieste (1871–1872)
Grand Hotel Europa, Fiume (1872–1874)
Palazzo del Municipio, Trieste (1872–1875)

Palazzo del Municipio

Eugenio Boegan

Eugenio Boegan (Trieste, 2 ottobre 1875 – Trieste, 18 novembre 1939) è stato un esploratore e speleologo italiano.

Inizia già da ragazzo l'esplorazione delle grotte del Carso, assieme ad altri coetanei con i quali costituisce il Club Alpino dei Sette. Alcuni anni dopo il gruppo confluisce nella Commissione Grotte della Società Alpina delle Giulie, della quale nel 1904 Boegan viene eletto presidente, ed ove porrà le basi di quello che successivamente diverrà il Catasto delle Grotte.

Numerosi i suoi studi e le sue pubblicazioni sia sulle cavità che sull'idrologia carsica, tra le quali quelle su varie grotte del Carso, sulle sorgenti di Aurisina e sul fiume sotterraneo Timavo. La sua maggiore opera è però il libro Duemila grotte (sottotitolo Quarant'anni di esplorazioni nella Venezia Giulia), scritto assieme a Luigi Vittorio Bertarelli, all'epoca primo presidente del Touring Club Italiano, ed edito per la prima volta nel 1926 a cura dello stesso Touring Club Italiano. Il libro costituì un punto di riferimento nella speleologia moderna e rimane ancora oggi un esempio insuperato di monografia speleologica regionale.

La commissione grotte gli fu successivamente intitolata, ed oggi si chiama Commissione Grotte Eugenio Boegan.

Aldo Brandolin

Aldo Brandolin (Trieste, 1910 – Medesso Poljo, 22 gennaio 1942) è stato un militare italiano, decorato di medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Nel 1929 conseguì il diploma presso il Liceo scientifico della sua città natale, e nello stesso anno fu ammesso a frequentare la Regia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino, uscendone con il grado di sottotenente di artiglieria il 1º settembre 1931. Dopo aver seguito il corso di applicazione d'arma nel 1933 fu destinato a prestare servizio presso il 23º Reggimento artiglieria da campagna, e promosso al grado di tenente il 10 gennaio 1938 partì per combattere nella guerra di Spagna partecipando alle operazioni belliche con il 2º Reggimento bersaglieri. Rimpatriato a causa di una malattia dopo due mesi, rientrò in servizio presso il 23º Reggimento artiglieria da campagna, fu trasferito in seguito al 152º Reggimento fanteria dove conseguì la promozione a capitano il 1 gennaio 1940. Al comando della batteria di accompagnamento del reggimento entrò in guerra sul fronte jugoslavo il 6 aprile 1941. Cadde in combattimento a Medesso Poljo (Bosnia) il 22 gennaio 1942, durante un'operazione di controguerriglia. Per onorarne il coraggio in questo frangente fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.


Medaglia d'oro al valor militare

«Comandante di batteria, assumeva volontariamente il comando di una colonna incaricata di snidare forti nuclei che infestavano la zona. Tra l’infuriare della tormenta impegnava l’agguerrito nemico tre volte superiore per numero e per armi in duro e cruento combattimento. Benché gravemente colpito al petto con l’esempio del suo eroico ardire continuava imperterrito a dirigere l’azione dissimulando la ferita per timore di affievolire lo slancio aggressivo delle sue truppe. Stremato di forze con serena fermezza montava a cavallo e persisteva risolutamente nell’arduo compito di comandante ordinando di sostenere con l’arma bianca l’impari lotta. Accortosi di una minaccia di accerchiamento con imperturbabile calma disponeva il ripiegamento trasportando tutti i feriti. Rientrava per ultimo alla base ove dopo aver incitato con indomita volontà il presidio alla resistenza e col pensiero rivolto ai caduti ed alla patria spirava da prode. Fulgido esempio di eroismo e di alte virtù militari. Medesso Poljo (Bosnia), 22 gennaio 1942».

— Decreto Luogotenenziale dell'8 febbraio 1945


La caserma della 2ª Batteria missili Raytheon MIM-23 Hawk del 5º Reggimento Artiglieria Contraerea a Terzo di Aquileia ha portato il suo nome.

Giovanni Domenico Bossi

Giovanni Domenico Bossi (Trieste, 28 luglio 1767 – Monaco di Baviera, 7 novembre 1853) è stato un pittore e miniaturista italiano.

Fu uno dei maggiori miniaturisti-ritrattisti del neoclassicismo. Le sue opere fanno parte della tradizione del miniaturismo veneziano su avorio. Esse rappresentano il rispettivo modello di un realismo, per quei tempi inusuale e privo di compromessi.

Bossi fu attivo tra il 1789 e il 1853 in numerose città europee quali Amsterdam, Parigi, Berlino, Amburgo, Monaco di Baviera, Vienna, Stoccolma e San Pietroburgo. Egli ottenne prestigiosi incarichi dalle famiglie signorili di allora di Prussia, Paesi Bassi, Meclemburgo-Schwerin, Svezia e Russia. Per questo divenne, nel corso della sua attività di successo, membro delle accademie di Belle Arti di Stoccolma (1798) e di Vienna (1818). Nel 1824 fu nominato pittore di corte dal re di Svezia, Carlo XIV. Si stabilì definitivamente a Monaco di Baviera verso il 1850, nella Theresien Straße, al numero 19. In Monaco fu nominato pittore di corte.

domenica 5 ottobre 2025

Antonio Gandusio

Antonio Gandusio (Rovigno d'Istria, 29 luglio 1872 – Milano, 23 maggio 1951) è stato un attore italiano.

Gandusio fu uno dei più famosi attori brillanti del teatro novecentesco. Si avviò agli studi di Giurisprudenza spinto dal padre, avvocato, e conseguì la laurea studiando prima a Genova e poi a Roma, dove coltivò la sua passione per la recitazione che lo spinse a studiare presso una filodrammatica e, successivamente, a trovare scritture presso alcune delle più rinomate compagnie teatrali dell'epoca.

Nel 1899 ottenne un ingaggio con Alfredo De Sanctis e, successivamente, iniziò lunghe collaborazioni con le compagnie di Irma Gramatica, Flavio Andò, Evelina Paoli, Lyda Borelli, Ugo Piperno, Virgilio Talli, Maria Melato e Annibale Betrone, ottenendo la possibilità di lavorare con attori del calibro di Tina Di Lorenzo, Sergio Tofano e Uberto Palmarini.

Le sue caratteristiche fisiche (voce sgraziata, una lieve gibbosità, viso irregolare) lo resero adatto al ruolo di brillante.

Sulla scia della tradizione di irredentismo della sua famiglia, che aveva storicamente fornito capitani alla Repubblica di Venezia, nel 1915 venne condannato a morte dal tribunale militare austriaco, perché si rifiutò di arruolarsi nell'esercito dopo lo scoppio della prima guerra mondiale.

Nel 1918 divenne capocomico, portando in scena un repertorio basato principalmente di pochade e farse: tra i vari allestimenti, però, sono da ricordare anche quelli dei drammi di Luigi Pirandello, di cui Gandusio fu sensibile interprete. L'attività capocomicale lo spinse a farsi interprete di parte della nuova drammaturgia italiana rappresentata dall'opera di Luigi Chiarelli e Luigi Pirandello. Nella sua attività di capocomico, ebbe l'opportunità di dirigere attori quali Paolo Stoppa, Nico Pepe e Nando Gazzolo.

Morì poco prima di effettuare alcune registrazioni teleteatrali per la RAI.

Nella sua città natale, Rovigno, il teatro cittadino prende il suo nome.

Giovanni Capodistria (Vittori)

Giovanni Antonio Capodistria (Corfù, 11 febbraio 1776 – Nauplia, 27 settembre 1831), è stato un politico e diplomatico corfiota di origini italiane, nato durante l'amministrazione veneziana, poi politico della Repubblica delle Sette Isole Unite, quindi diplomatico dell'Impero russo e infine primo capo di Stato della Grecia indipendente.

Giovanni Capodistria nacque nella città di Corfù veneziana, il centro principale delle Isole Ionie ed era il sesto figlio del conte Antonio Maria Capodistria e di Diamantina Gonemi. I Capodistria erano iscritti nel Libro d'Oro della nobiltà corfiota fin dal 1679 in virtù di un ascendente che era stato nominato conte da Carlo Emanuele II di Savoia e derivavano il loro nome dall'omonima cittadina istriana da cui la famiglia (Vittori era il cognome originario) proveniva, mentre i Gonemi (famiglia della madre) erano iscritti nel Libro d'Oro da ancor più lunga data (1606).

Godette dell'educazione e dei mezzi riservati all'élite dell'epoca e poté studiare medicina, filosofia e giurisprudenza all'università di Padova. Frequentando i salotti veneziani, incontrò Isabella Teotochi e Ugo Foscolo. Nel dicembre del 1795 entrò all’Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova. Nel 1797 conseguì la laurea in filosofia e medicina.

In seguito all’occupazione francese delle isole Ionie e alla confisca dei beni di famiglia, rientrò a Corfù ed esercitò la professione medica. 

Nel marzo 1802, Capodistria aveva fondato il Collegio Medico a Corfù, un’associazione medica (la prima del suo genere in Grecia). Come membro del governo, intraprende iniziative per istituire un sistema di istruzione pubblica – fino a quel momento praticamente inesistente – e nel 1805 fonda l’Archiginnasio.

Mentre era a Vienna come membro della delegazione russa al Congresso del 1814-15 venne informato della fondazione di una “Società Filomusa” ad Atene con lo scopo di promuovere la conservazione delle antichità, ma anche di far progredire l’educazione dei giovani greci; la società ha ricevuto il sostegno diretto di diplomatici e filelleni britannici. Capodistria decise di fondare una Società Filomusa a Vienna, con lo scopo principale di aiutare i giovani greci a perseguire una “educazione europea”, e lo zar la sostenne come mezzo per contrastare l’influenza britannica nei Balcani.

Una delle sue prime priorità come governatore è stata l’istituzione della prima Banca nazionale greca. Nell’aprile 1828 firmò un decreto che autorizzava il conio della fenice, la prima moneta nazionale della Grecia moderna. Fondò anche la prima tipografia sull’isola di Egina (allora capitale provvisoria della Grecia) e il primo Museo Archeologico (museo archeologico di Egina). Nel 1829 Nauplia divenne la capitale della Grecia. A Nauplia fu fondata anche la Scuola militare degli Evelpidi.

Ha assunto il compito della ricostruzione delle città devastate e di un’economia in declino. Ha posto le basi per i primi sistemi di istruzione e di stato sociale, fondando scuole di monitoraggio (cioè scuole che impiegano il “sistema di istruzione reciproca”), scuole di artigianato e il primo orfanotrofio organizzato del Paese. Ha anche fondato la prima fattoria modello e la scuola di agricoltura, vicino alla città di Nauplia. Ha mostrato particolare interesse nella promozione dell’agricoltura e ha anche sostenuto la navigazione e la costruzione di cantieri navali sulle isole.

Ha anche posto le basi per un sistema giudiziario e di pubblica amministrazione, introducendo un codice di procedura civile e un insieme di leggi, istituendo tribunali di primo grado nelle sedi delle prefetture, tribunali locali nelle città e tribunali d’appello. Nonostante i suoi sforzi, non è stato in grado di garantire prestiti da banche estere; ha tuttavia ricevuto appoggi e aiuti finanziari da governi stranieri, in particolare Russia e Francia. Ha anche usato la sua fortuna personale per contribuire finanziariamente alle molte esigenze dello stato greco, rifiutandosi anche di ricevere alcun salario come governatore.

Il 9 ottobre 1831 venne assassinato da due membri della famiglia Mavromichalis, una famiglia grande e potente che ha agito come governante (bey) della penisola semi-autonoma di Mani nel Peloponneso. La famiglia si rifiutò di cedere i propri privilegi e le proprie autorità al governo centrale e nel 1830 incitò un’aperta ribellione a Mani contro Capodistria. Alcuni di loro furono arrestati e messi in prigione, il che alimentò ulteriormente la loro animosità che portò all'assassinio di Capodistria.

A lui è intitolata l’Università di Atene.