Maria Pasquinelli, nacque a Firenze il 16 marzo 1913.
Nel 1940 si arruolò volontaria crocerossina al seguito delle truppe italiane in Libia. Nel novembre '41 lasciò l'ospedale di El Abiar (a 40 km da Bengasi), dove prestava servizio, per raggiungere la prima linea travestita da soldato con la testa rasata e documenti falsi; scoperta, fu riconsegnata ai suoi superiori e rimpatriata in Italia. Nel gennaio '42 chiese di essere inviata come insegnante in Dalmazia e per qualche tempo insegnò l'italiano a Spalato, annessa all'Italia nel '41 durante il Governatorato di Dalmazia.
Dopo l'armistizio di Cassibile, il 12 settembre '43 Spalato fu presa dai partigiani jugoslavi. Nel contempo numerosi soldati e civili italiani furono imprigionati dai partigiani jugoslavi, molto altri furono uccisi. Lei stessa fu imprigionata dai partigiani comunisti jugoslavi e condannata a morte, finché fu liberata dai tedeschi che entrarono in città il 27 settembre. A Spalato aiutò a recuperare da una delle tante fosse comuni le salme di 106 civili italiani e militari della "Bergamo" uccisi durante il periodo in cui la città era stata occupata dai partigiani jugoslavi e documentò le uccisioni di italiani compiute in Dalmazia ed Istria dai titini. Minacciata di morte dai comunisti italo/slavi, su consiglio di amici abbandonò la città rifugiandosi a Trieste il 1º novembre '43.
A Trieste aderì al Partito Fascista Repubblicano e collaborò con il "Comitato Profughi Dalmati" subissando di memoriali e di denunce le autorità della RSI. Si trasferì poi a Milano, dove riprese il lavoro di maestra ed entrò in contatto con Junio Valerio Borghese, comandante della Xª Flottiglia MAS, cui consegnò copia della sua documentazione "Italiani e Slavi nella Venezia Giulia" in cui ipotizzò un'unione di tutte le forze militari presenti sul confine orientale in chiave anticomunista per opporsi all'avanzata titina. Decise poi di far ritorno a Trieste per portare aiuto ai profughi.
Inviata sotto copertura dalla Xª Flottiglia MAS con l'appoggio del Comando Mezzi d'Assalto Alto Adriatico, cercò di stabilire contatti con i partigiani "bianchi" della "Franchi" legati ad Edgardo Sogno, nella speranza che facessero pervenire la documentazione anche a quelli delle "Brigate Osoppo" col proposito di costituire un blocco per la difesa dell'italianità al confine orientale. La Pasquinelli riuscì a contattare la Osoppo e un unico incontro, cui prese parte il capitano Manlio Morelli del battaglione "Valanga" della Xª MAS, avvenne in data 1º gennaio '45.
Il 2 marzo '45, decisa a raccogliere ulteriore materiale riguardo alle uccisioni di italiani in Istria, si recò in viaggio a Pisino, Parenzo e Pola. Nella sua attività fu aiutata sia dalle federazioni fasciste locali sia da alcuni responsabili del CLN, dal quale il Partito Comunista italiano si era da tempo ritirato ponendo le proprie formazioni militari (Brigate Garibaldi) agli ordini del IX Corpus sloveno del Maresciallo Tito.
Rientrata a Trieste, essendo ricercata sia dall'OZNA, la polizia segreta jugoslava, per la sua attività in Istria, sia dalla polizia tedesca per "ambigui contatti con il governo del Sud", fu nascosta dal capitano di corvetta Aldo Lenzi della Divisione Xª MAS, ma scoperta fu arrestata dalla Luftwaffe il 15 marzo. Fu liberata una ventina di giorni dopo per intervento personale di Junio Valerio Borghese. Sempre ricercata dall'OZNA, riparò a Milano presso il comando della Xª MAS, dove rimase fino al 26 aprile assistendo allo scioglimento del reparto ordinato dal comandante Borghese.
La mattina del 10 febbraio 1947 il generale Robert de Winton, comandante della guarnigione britannica di Pola, nonché massima autorità d'occupazione nella città, lasciò il suo alloggio.
In quelle stesse ore a Parigi era in corso la firma del trattato di pace che assegnava la città di Pola alla Jugoslavia.
Il passaggio di poteri sulla città di Pola avrebbe avuto luogo in concomitanza con la firma del trattato, per l'occasione, la guarnigione britannica era stata schierata davanti alla sede del comando ed il generale De Winton fu invitato a passarla in rassegna. De Winton, arrivato in macchina, stava avanzando verso il reparto schierato quando, dalla piccola folla presente, si staccò la Pasquinelli e, dirigendosi verso il generale, estrasse la pistola che nascondeva nella borsetta e gli sparò tre colpi di pistola freddandolo all'istante. Poi lasciò cadere la pistola a terra e si lasciò arrestare dai soldati britannici
In tasca alla Pasquinelli venne trovato un biglietto di rivendicazione, nel quale si leggeva:
«Mi ribello, col fermo proposito di colpire a morte chi ha la sventura di rappresentarli, ai Quattro Grandi i quali, alla Conferenza di Parigi, in oltraggio ai sensi di giustizia, di umanità e di saggezza politica, hanno deciso di strappare ancora una volta dal grembo materno le terre più sacre d'Italia, condannandole o agli esperimenti di una novella Danzica o con la più fredda consapevolezza, che è correità, al giogo jugoslavo, sinonimo per la nostra gente indomabilmente italiana, di morte in foiba, di deportazioni, di esilio.»
(Dal biglietto trovato indosso alla Pasquinelli)
Il 19 marzo 1947 ebbe inizio il processo contro la Pasquinelli, davanti alla Corte Militare Alleata di Trieste. L'imputata si dichiarò colpevole dei fatti addebitatigli e spiegò le ragioni che l'avevano indotta a compiere l'attentato. Il 10 aprile la Corte alleata pronunciò la sentenza di condanna a morte. All'invito rivoltole dalla Corte ad appellarsi entro trenta giorni, la Pasquinelli rispose:
«Ringrazio la Corte per le cortesie usatemi, ma fin d'ora dichiaro che mai firmerò la domanda di grazia agli oppressori della mia terra.»
(Maria Pasquinelli dopo la lettura della sentenza)
Il giorno seguente Trieste fu inondata di manifestini tricolori sui quali era scritto:
«Dal pantano è nato un fiore, Maria Pasquinelli. Viva l'Italia»
(Scritto sui manifestini comparsi a Trieste)
La condanna a morte fu poi commutata in ergastolo dal comando alleato, da scontare in Italia. Dopo 17 anni chiese e ottenne la grazia presidenziale, tornando libera nel 1964.
Tornata in libertà, andò a vivere a Bergamo con la sorella dove morì il 3 luglio 2013, tre mesi dopo il suo centesimo compleanno
Nel 2008 il cantante dei DDT, all'interno dell'album "Non puoi farci niente" ha inserito un brano dal titolo "Maria". La canzone rende omaggio al gesto eroico della Pasquinelli.
Una mattina di pioggia e di freddo
la bora batte le strade di Pola
già qualche lacrima bagna una terra
che il resto d'Italia ha lasciato da sola
carretti pieni di pacchi e ricordi
l'ultimo sguardo, è ora di andare
certi signori a Parigi han deciso
che questo popolo deve scappare
Maria, Maria, Maria, dal fango può nascere un fiore
Maria, Maria, Maria, Maria ha l'Italia nel cuore
Soldati inglesi tutti schierati
e un generale che avrà l'onore
di consegnare la vecchia città
alla violenza del nuovo invasore
ma c'è qualcuno che non si arrende
è una ragazza che sembra bambina
ha una pistola nella borsetta
e addio generale della regina
Maria, Maria, Maria, dal fango può nascere un fiore
Maria, Maria, Maria, Maria ha l'Italia nel cuore
Maria, Maria, Maria, dal vento può nascere il sole
Maria, Maria, Maria, Maria, l'Italia ti vuole.
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